venerdì 23 maggio 2008

Scelte di pancia






Abdwahd è nato in mare. A 12 miglia da Lampedusa. Su un barcone che ce l’ha fatta a raggiungere terra. Questa volta. Niente paperelle sui muri, niente musiche “ambient”, niente ostetriche che ti gridano addosso, contandoti i respiri, ricordandoti di fare come hai imparato al corso del martedì pomeriggio. La madre non aveva bisogno di istruzioni, ne ha già fatti cinque di figli. Probabilmente gridando, accucciata con i piedi su una terra polverosa, stringendo forte gli occhi nei momenti in cui ti sembra ti scoppi la faccia da tanto spingi.
Abdwahd significa Fortunato in italiano. Forse lui italiano lo diventa, ora “ne stanno discutendo”. Penso a Leonardo, nato italiano fra paperelle e musichette, dopo un’iniezione che aiuta a dimenticare quel “partorirai con dolore” di – si dice – tempo fa. Penso a lui che in gommone c’è stato: a Capri, con addosso il giubbotto salvagente - che la mamma ha paura che cadi - e la crema protezione 60 sul naso – che magari ti scotti - col papà che lo fotografa perché vuole ricordarsi il momento. E poi penso di nuovo “quando inizia il destino?”. Quando scegli in che pancia nascere?
Penso alla Franzoni che, assassina o no, ha lasciato i figli alle tre di notte. E penso che un figlio non dovrebbe mai vedere la sua mamma andarsene, non dovrebbe mai dover gridare “mamma, non andare via”, anche se la madre sei anni prima gli ha ammazzato il fratello.
E sorrido, di un sorriso triste, pensando che io entro in macchina con il groppo in gola al solo pensiero che Leonardo pianga dietro le porte a vetri dell’asilo nido, quando mi vede andarmene e non capisce che tornerò a prenderlo, che gli porterò la solita caramella Elah da dividere in due perché altrimenti si strozza. Che lo metterò sulla giostra dei cavalli e lo seguirò con lo sguardo, perché coltivo il pensiero fisso che l’amore lo percepisca dai miei occhi e non dalle mie cure. Leonardo che avrà, spero, dei fratelli che non dovrò “lasciare indietro”, perché un giorno ho dovuto decidere se continuare a vivere in un posto dilaniato dalla guerra o provare a cercare un futuro da qualche parte che sia migliore anche per loro, senza sapere se ci arriverò viva in quel futuro.
Quanto può essere difficile la vita, Adbwahd, se si sbaglia pancia. Quanto può essere difficile.

6 commenti:

NicPic ha detto...

essì stefi, leonardo è fortunato.

Le ingiustizie a questo mondo sono infinite e a volte ci si scoraggia di fronte alla nostra impotenza di fronte ad esse.

Ma una piccola cosa da fare per me c'è: credo che il compito migliore che tu ti possa prefiggere come madre debba essere quello che tuo figlio, un giorno, possa avere cognizione della sua fortuna, che non dia per scontata la sua vita fatta di agi, di amore, carezze e attenzioni.

Fà di Leonardo una persona gentile e sensibile verso chi non è stato altrettanto fortunato: credo questo sia l'unico modo per non fare un torto ad Abdwahd.

escopocodisera ha detto...

scusa se mi intrufolo...fortunato è tuo figlio ed anche i miei...sorridevo nel leggere delle tue apprensioni e preoccupazioni perché, credimi, sono le stesse che provo anch'io...dovremmo davvero guardare a chi tutto questo non ce l'ha, a chi non ha davvero possibilità di scegliere, per apprezzare quello di cui a volte non siamo contenti neppure di avere...saluti

gians ha detto...

quante volte ho pensato d'essere fortunato. Sono nato in luogo che amo, in una famiglia che mi ama, tra persone che quantomeno mi rispettano. Sono stato accudito nella crescita fino a diventare "indipendente". Non uso mai la parola sfortuna, e leggendo il tuo splendido post, probabilmente ne capisco ancora meglio il perchè. Notte stefi, e buon we.

Stefi ha detto...

escopocodisera: ben contenta di vederti introfulata e di sapere che non sono l'unica madre apprensiva in giro :-)
gians e nic: grazie per la visita. E' sempre un piacere aprire la posta e vedere che mi avete scritto. Dico davvero!

gians ha detto...

basta che continui a scrivere come sai fare, e io ci sono. notte stefi. :)

Anonimo ha detto...

la fortuna di non essere sfortunati.
stefi, tutte le volte che ho pensato di essere sfortunata e potevo anche pensarlo a ragione, specie nella mia infanzia, ho pensato proprio a storie simili e ho ritrovato il sorriso.
un abbraccio.